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Torino, Teatro Regio, stagione di carnevale 1770-71: va in scena "Annibale in Torino", un'opera con cui la città, da quarant'anni capitale reale, intende celebrare i propri fasti, cominciando dall'episodio con cui essa - o meglio, la sua ineffabile progenitrice Taurasia - esordì sul palcoscenico della storia, opponendo resistenza all'assalto di Annibale. La messa a punto di una versione incruenta dei fatti si dovette a Jacopo Durandi e per la musica fu chiamato a Torino il trentenne Giovanni Paisiello, allora in rotta con l'ambiente di corte napoletano e attivo nei teatri del nord Italia; delle scenografie fu incaricato il luganese Innocente Colomba. Il lavoro congiunto di questi tre personaggi fu portato sulle scene da una compagnia vocale di prim'ordine, capace di assicurargli un esito lusinghiero, testimoniato dall'entusiasmo che seppe suscitare in Mozart (e nel padre Leopold), in quei giorni in visita a Torino. Il libro racconta questa storia, fornendo la trascrizione integrale del libretto e, in allegato, l'edizione moderna della partitura. In chiusura l'autore esplora i rapporti fra la rappresentazione torinese e un concorso di pittura bandito nello stesso anno dall'Accademia di Belle Arti di Parma, avente per tema "Annibale osserva dalle Alpi l'Italia", vinto da un artista oggi dimenticato ma capace di sconfiggere un giovane collega aragonese allora in Italia: Francisco Goya.